Lo so, siamo a marzo già da una settimana ma ehi, nelle scorse settimane ho consegnato la tesi, a brevissimo mi laureo e sto cercando lavoro, tutto ciò in quarantena perché ho avuto contatti con persone positive. Sto bene, sto solo cercando di conciliare il tutto senza dare di matto, ma posso dire che sono estremamente soddisfatto di aver concluso il mio percorso universitario.
Nuovi venti soffiano sulle vele, e io non vedo l’ora di fare nuove esperienze, lavorative e non – Covid permettendo. L’articolo sui miei preferiti di questi primi mesi del 2021 (in musica, libri, film e serie) arriva solo ora anche per via del Festival di Sanremo, che ho voluto brevemente includere. Siete pronti?
E proprio dalla MUSICA partiamo! In questi mesi ho avuto l’impressione che non ci fossero molte novità musicali che potessi apprezzare ed eventualmente recensire, tra il Superbowl di The Weeknd con le hit che ormai tutti conosciamo e varie ri-edizioni noiosette di album dell’anno scorso con scarti tracce deluxe giusto per aumentare gli stream (sì, Ariana Grande e Dua Lipa, mi riferisco proprio a voi). Così ho recuperato qualcosa che mi ero perso, come l’album di debutto di Hayley Williams dei Paramore o il repertorio di Fulminacci, giovane cantautore romano scoperto in occasione del Festival di Sanremo. Della prima segnalo l’ottima Sugar on the Rim, del secondo Le ruote, i motori!, che un po’ mi ricorda Cosmo – quindi è bella.
Con un po’ di pazienza qualcosa di buono è arrivato anche tra le nuove uscite; non ci sono stati album interi che mi siano piaciuti particolarmente, così ho deciso di selezionare un po’ di tracce sparse che mi hanno tenuto compagnia mentre scrivevo la tesi. Partiamo dalla splendida drivers license della diciottenne americana Olivia Rodrigo, break-up anthem dal successo enorme, attualmente alla #1 in classifica Billboard Hot 100 da 7 settimane consecutive – cioè da inizio anno: complimenti. Performance vocale impeccabile + testo relatable + un bridge che ricorda il sound di Lorde, che sia la nuova Adele? Solo il tempo ce lo dirà. Ci sono stati poi alcuni ritorni, come quello di Gwen Stefani col motivetto reggae-ska Let Me Reintroduce Myself, sempre in rotazione nelle nostre radio, o Rag’n’Bone Man, il cantautore R&B britannico che finalmente ha la mia benedizione con la sua All You Ever Wanted, che ho trovato molto ben riuscita e liberatoria.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso anche dalla nuova club banger di Rita Ora, che di solito trovo generica e poco ispirata, ma mi ha convinto con l’algida Big feat. Gunna, in cui l’accento British contribuisce a rendere il brano ancora più fierce (quelli che ascolti fingendo di essere su una passerella, ndr.). Anche Martin Garrix è migliorato, abbandonando le tamarrate e adottando uno stile più chill e misurato nella sua Pressure feat. Tove Lo. Per gli amanti dell’elettropop/dance ben fatto e cosparso di autotune segnalo Troubled Paradise di Slayyyter, artista che ho appena scoperto e ricorda molto Charli XCX e Kim Petras.
Ma passiamo all’elefante nella stanza: il Festival della canzone italiana, l’evento mediatico più importante del nostro Paese. Non ne farò una recensione perché l’ho seguito pochissimo, limitandomi ai video delle esibizioni e a qualche notizia letta la mattina dopo. Mi hanno colpito molto Voce di Madame, che si è riconfermata una promessa per il futuro della musica italiana, un bel testo, un’identità coerente, lei giovanissima, insomma ci aspettiamo grandi cose da questa vicentina che era la mia preferita. Segnalo poi il pop festoso e queer (come lo definiscono loro) dei La Rappresentante di Lista, con la loro spumeggiante Amare, che mi ricorda i remix dance di Florence + the Machine del 2012 o gli ultimi lavori di Carly Rae Jepsen. Entrambi i brani hanno portato a casa qualche premio, quindi tutto sommato sono soddisfatto di com’è andata. L’anno prossimo vorrei più freschezza, in primis alla conduzione, l’abolizione di tradizioni dal fascino sessista (fiori per tutti o per nessuno) – e vi prego, anche serate più corte che la gente deve andare a dormire.
Chiudo con due chicche, la bellissima Surrender di Birdy dai richiami acoustic-folk e quel gioiello di produzione e commistione tra vecchio e nuovo che è Leave the Door Open, del nuovo duo Silk Sonic (nient’altro che Bruno Mars e Anderson .Paak), un brano soul morbido e di classe.

LIBRI – Ne ho 4/5 avviati e da finire e di cui vi parlerò presto, ma per il momento vi parlo di “Notti bianche” di Fëdor Dostoevskij, un romanzo talmente breve che può essere considerato un racconto del maestro russo. Racconta l’incontro tra un sognatore di San Pietroburgo che non ha mai provato il fuoco dell’innamoramento e una giovane ragazza che cerca di dimenticare un amore passato. I due si vedono con regolarità per quattro notti, in cui lui le confida le sue fantasie e desideri, e lei la sua vita privata tormentata. È molto scorrevole, emozionante, a tratti malinconico, sicuramente merita una lettura.
SERIE – Non ne ho viste moltissime (lo so, devo ancora vedere La regina degli scacchi!), mi sono dedicato più a film, podcast, video e tutorial vari su YouTube. Comunque ho visto la seconda stagione di Bonding, la serie comedy che tratta il BDSM con simpatia e umorismo, e che forse poteva anche concludersi con la stagione precedente. I protagonisti sono Tiff, studentessa di giorno e mistress di notte e il suo goffo assistente Pete, un aspirante stand-up comedian; insieme aprono un’attività che li fa maturare a livello personale. Qualche personaggio nuovo e qualche inversione di rotta, ma in fin dei conti nessun guizzo intuitivo o risvolto troppo interessante, si lascia guardare senza troppe pretese. Si sa che quando un prodotto funziona, Netflix tende a rinnovarlo anche senza che lo sviluppo narrativo richieda per forza una continuazione (vedasi i vari Casa di carta e Stranger Things), a volte anche forzando e spremendo fino all’ultima goccia. Se vi va di vedere show simpatici e intelligenti sul sesso che strizzino l’occhio al target teen vi consiglio Sex Education, più emozionante e recitata meglio.
Sempre in territorio teen rimaniamo per la prossima, una scoperta quasi casuale e su cui avrei scommesso poco. Si tratta di Love, Victor, serie televisiva spin-off del film Love, Simon – che non mi aveva colpito molto per la mancata originalità nel raccontare l’adolescenza di un ragazzo gay non dichiarato. La serie invece mi è piaciuta di più: cast diverso e tematiche simili ma sviluppate con un taglio più reale e meno da perfect ending. Essendo ambientato in un liceo americano, ricalca un po’ i soliti tòpoi del nuovo arrivato che si vuole ambientare mentre ancora sta scoprendo la propria identità, ma credetemi che è un prodotto più maturo di quello che sembra. Una seconda stagione ci sarà e io non me la perderò, la binge-watcherò con gli occhi a cuoricino.
FILM – In famiglia, da quando sono riuscito a collegare Netflix alla TV, abbiamo iniziato a guardare film dopo cena, giusto per passare assieme un po’ di tempo; abitudine che abbiamo mantenuto poi per via del lockdown e della quarantena in cui ci troviamo ora. Nel nostro cinema casalingo sono passati vari film in questi mesi, alcuni trascurabili come la commedia L’altra metà (buona l’idea e promettenti gli attori, ma è tutto così banale) o The Blind Side (interpretazione da Oscar di Sandra Bullock, ma tutto sommato è un filmetto). Mi sono piaciuti invece Manchester by the Sea, Il miglio verde (questo era un rewatch) e La teoria del tutto. Sono tutti film piuttosto famosi e non proprio nuovissimi, quindi probabilmente sapete di cosa parlo. Il primo è un viaggio drammatico nel passato tormentato di un uomo che non l’ha superato del tutto, mentre deve occuparsi improvvisamente del nipote sedicenne, rimasto senza padre. Il secondo è tratto da uno dei capolavori di Stephen King ed è ambientato nel braccio della morte di un carcere americano degli anni ’30, e affronta i temi del razzismo e della pena di morte, con un velo di soprannaturale non troppo invasivo. Il terzo è ispirato alla vita di Stephen Hawking, astrofisico di fama mondiale affetto da una malattia del motoneurone, che lo immobilizzò progressivamente, a partire dagli arti fino ad arrivare ai muscoli dell’apparato fonatorio; commovente nel film è l’instancabile forza di volontà del cosmologo nel trovare un’equazione capace di spiegare l’origine e la fine dell’universo, nonostante tutte le difficoltà affrontate in vita.
Chiudo con un film recentissimo, l’ultimo di Sophia Loren e candidato due volte ai Golden Globe 2021: La vita davanti a sè. Ambientato a Napoli, narra l’insolita amicizia tra un’ex prostituta ebrea e sopravvissuta alla Shoah e un bambino orfano senegalese che combina ogni tipo di guai. A tratti divertente, a tratti crudo, in ogni caso emozionante; lo consiglio davvero.
