In un periodo di caos e psicosi collettiva da coronavirus torna la rubrica culturale Quello Che Vi Consiglio dedicata ai mesi di gennaio e febbraio. Quello che ho ascoltato e riascoltato, a volte skippato, quello che letto, abbandonato e ripreso in mano, quello che ho guardato incuriosito, a volte sconcertato, a volte rapito. Et voilà!
ALBUM – Stavolta non ho un disco che mi ha fatto impazzire, quindi ve ne propongo due che mi hanno convinto abbastanza. Il primo è The Slow Rush dei Tame Impala. Un grande ritorno quello della band australiana -come definirla?- pop, rock, alternative, psichedelica? Un po’ di tutto, a volte se ne escono con motivetti commerciali e irresistibili, a volte ti sparano pipponi più pesanti, ma sempre di ottima fattura e con uno stampo ipnotico/onirico. Ho amato i dischi precedenti, e questo si inserisce bene nella loro zona di comfort ben definita. Definito da Rolling Stone Italia “una pozione d’amore lisergico”, è secondo me un ottimo album da sottofondo, meglio se ascoltato quando cala il sole. I singoli di lancio Borderline, It Might Be Time, Posthumous Forgiveness, Lost in Yesterday e Breathe Deeper. Voto:
Il secondo è Cape God di Allie X, cantante canadese piuttosto interessante, sullo stile delle varie Lorde, Marina e Lana del Rey, ma con un’identità e un’estetica ben definite. Dopo qualche EP, un album passato inosservato e tracce scritte per Troye Sivan, questo è il suo lavoro più maturo, personale e terapeutico (per lei). I testi sono di ottima fattura, affrontano l’infanzia difficile, le relazioni travagliate e il dramma di crescere e imparare sotto gli occhi di tutti. I singoli Fresh Laundry, Rings a Bell, Regulars, Love Me Wrong feat. Troye Sivan e Devil I Know, il mio giudizio è anche qui:
CANZONI – Ve ne propongo ancora due, come due sono i mesi di riferimento e doppia è stata l’attesa, quindi ho deciso di duplicare tutto e fare un mega post. La prima è Delete Forever di Grimes, il singolo che più mi è piaciuto dal suo nuovo album Miss Anthropocene. Il motivo è semplice: sembra tutto fuorché una traccia di Grimes; uno si aspetta una canzone elettronica, futuristica, con la vocina modificata e invece BAM un brano acustico, alla chitarra, dalle atmosfere country e anni ’90 (se chiudi gli occhi è Shania Twain!). E’ una di quelle canzoni in cui arrivi a un certo punto della tua vita, ti guardi indietro e dici: ne ho fatte di cose! E consideri un po’ ogni momento, con un filo di nostalgia, magari il vento tra i capelli, il braccio fuori dal finestrino e l’auto che sfreccia. Credo di avervi dipinto abbastanza bene l’atmosfera.
Sullo stesso filone di: “ho fatto tante cose nella vita” vi segnalo Smiling, che dopo l’ultimo singolo Reasons I Drink segna il ritorno di Alanis Morissette, icona pop-rock anni ’90 / primi Duemila. Il nuovo album si chiamerà Such Pretty Forks in the Road (frase tra l’altro contenuta in questa canzone) e arriva dopo ben otto anni di assenza da parte della cantante canadese (la terza dell’articolo, dopo Allie X e Grimes!). Il brano, nonostante il titolo, presenta toni tristi, ma con un filo di speranza: lei continua a sorridere, nonostante gli errori, le crisi e le cadute. Ascoltandolo non si può non pensare ad Uninvited, capolavoro rock di Alanis del 1998, del quale questo pezzo ricalca le sonorità dal retrogusto dolceamaro.
LIBRO – Umberto Eco, Il nome della rosa; qui di libro però ve ne beccate solo uno, e data l’entità credo possiate perdonarmi. Best-seller a livello mondiale, tradotto in non so quante lingue, e uno dei capolavori del Novecento italiano. Romanzo storico, filosofico, giallo, gotico, impossibile da inquadrare, con la fama di mattone che leggono solo i secchioni. Vi dico la verità: è un libro che mi ha sempre affascinato per l’atmosfera e la trama (per chi non lo sapesse parla di una serie di omicidi che avvengono in un’abbazia di monaci nel Medioevo), ma ho dovuto abbandonarlo almeno due volte ai tempi del liceo per il lessico ostico e le divagazioni descrittive e filosofiche di cui il romanzo è costellato. La descrizione del portale, le discussioni sulla liceità del riso, i gruppi ereticali, l’Inquisizione, sono tutti ostacoli polverosi ma eruditi a una lettura scorrevole. Io sono dell’idea che qualche passo si possa anche saltare, senza compromettere la comprensione del testo. Libro da leggere almeno una volta nella vita, personalmente mi è piaciuto tantissimo (e ora posso finalmente guardarmi il film con Sean Connery).
SERIE – Sex Education (Netflix, 2019). Come potete notare, ho bilanciato la pesantezza delle letture con quella delle serie tv; questa Sex Education è stata una piacevole sorpresa per me: serie giovane, per giovani, inclusiva e necessaria. Otis, un ragazzo del liceo figlio di una terapista sessuale (una Gillian Anderson in fortissima), decide di intraprendere un’attività sottobanco di sessuologo per i suoi compagni di scuola, aiutato dagli amici Eric e Meave. C’è un po’ di tutto: bullismo, dipendenze, rapporti genitoriali, omofobia, relazioni interraziali, bisessualità, omogenitorialità, fetish, violenza sessuale, il tutto affrontato con spontaneità e naturalezza. Sono messaggi importanti che devono arrivare ai più giovani, per un cambio di mentalità e un’eliminazione del bigottismo radicato. I miei personaggi preferiti, oltre alla madre terapista, Eric e Aimee, entrambi forti e complessi.
La mia seconda proposta è Modern Love (Amazon Prime, 2019), serie antologica basata su una rubrica settimanale del New York Times. Ogni puntata ha trama, contesto e protagonisti diversi, il tema generale è l’amore in ogni sua sfaccettatura: genitoriale, per se stessi, sessuale, platonico, primi incontri, coppie in crisi, ecc. Tra gli interpreti segnalo Anne Hathaway (magnifica nel ruolo di ragazza bipolare), Dev Patel, Tina Fey e Andrew Scott (che nell’episodio cerca di avere un figlio col suo compagno). Consigliata perché fa riflettere, è brevissima (quattro ore in tutto) e dato che ogni puntata è a sé stante potete guardarla e abbandonarla quando volete, senza preoccuparvi di dover ricordare la trama.

FILM – Sulla mia pelle, che ho recuperato su Netflix dopo più di un anno di uscita. Pluripremiato per l’interpretazione magistrale di Alessandro Borghi e per come tratta con dignitoso rispetto l’ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, trentenne romano detenuto per possesso e spaccio, torturato e ucciso nel 2009 dai medici e dagli agenti di polizia penitenziaria. Sebbene avrei voluto vedere di più la parte successiva al decesso, cioè quella della battaglia legale e mediatica della sorella Ilaria, è un film molto forte che consiglio caldamente a chi, come me, se lo fosse perso.
E arriviamo in territorio Oscar 2020 con tre titoli: Piccole donne, Jojo Rabbit e Parasite. Tre film molto diversi: il primo è un adattamento dal celebre romanzo di L. M. Alcott con Meryl Streep, Saoirse Ronan, Timothée Chalamet, Emma Watson e Laura Dern. Regia della splendida Greta Gerwig, un film sentimentale con ottime performance, un forte messaggio femminista e un finale a sorpresa.
Il secondo è una satira nazista divertente che lancia battute irriverenti dietro una patina di comicità: Hitler è un personaggio immaginario, ridotto a buffa caricatura di se stesso, nel quale i bambini tedeschi si identificano ma senza sapere il perché. I comandanti nazisti sono impreparati e goffi, credono che gli ebrei siano mostri dotati di superpoteri. Tra gli attori Sam Rockwell, Scarlett Johansson e Rebel Wilson.
Infine il mio preferito dei tre: Parasite, un thriller sud-coreano di forte stampo tarantiniano. Il film ha avuto un successo planetario, ha vinto la statuetta come Best Picture (il primo in lingua straniera nella storia degli Oscar), insieme ad altri tre premi: miglior regia, sceneggiatura originale e film straniero, più un Golden Globe, tra i premi più importanti. Su Rotten Tomatoes (la mia Bibbia per film e serie) ha un grado di apprezzamento del 99% (critica) e 90% (pubblico). Racconta la storia dei Kim, una famiglia con ridotte disponibilità economiche, che riesce a farsi assumere con l’astuzia da una famiglia ricca, i Park; ma i problemi iniziano ad arrivare quando si scopre l’esistenza di un bunker sotto la casa… ragazzi, se non l’avete visto, guardatelo ora perché vi terrà letteralmente incollati allo schermo per tutta la durata. I temi sono la disparità tra ricchi e poveri, sia economica sia di valori umani e il maltrattamento delle minoranze etniche e culturali, ridotte a semplici feticci ornamentali. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è espresso negativamente nei confronti della pellicola, cosa che non sorprende affatto; la risposta del partito democratico: “Richiede due ore di lettura dei sottotitoli. Ecco perché lo odia”.